Introduzione al Rito Bizantino


Roma e Bisanzio

 Per rito si intende l'insieme di consuetudini, testi, istruzioni liturgiche, tradizioni musicali, norme giuridiche, spiritualità, teologia, che informano il modo di essere cristiani di una frazione del popolo di Dio.

La varietà dei riti in uso nelle Chiese cristiane è derivata dal cristallizzarsi delle diversità nella celebrazione del culto sorte nei primi secoli del cristianesimo per motivi geografici ed etnici.

I riti sono distinti in occidentali ed orientali.

 

Gli occidentali sono: 

  • Rito romano: diffuso da Roma in tutto l'occidente.
  • Rito ambrosiano: usato nella diocesi di Milano.
  • Rito gallicano: usato anticamente in Francia, Spagna e nord Europa ed in gran parte sostituito da quello romano per iniziativa di Carlo Magno. è rimasto in alcune diocesi sino al secolo scorso.
  • Rito mozarabico: usato dai cristiani spagnoli sotto la dominazione araba, reintrodotto nel XVI sec. e tuttora conservato in una cappella della cattedrale di Toledo.

I riti orientali sono: 

  • Rito bizantino: nei suoi diversi rami, greco, slavo, arabo (melkita) ecc. che si distinguono tra loro per la lingua liturgica ed alcune usanze particolari.
  • Rito copto: usato in Egitto ed in Etiopia.
  • Rito siriaco: usato nel territorio dell'antico patriarcato di Antiochia: Siria, Iraq, Iran, Malabar in India (malankaresi). I maroniti del Libano hanno introdotto usanze di origine occidentale.
  • Rito armeno: usato in Armenia.

I vari riti orientali, tuttora fiorenti, sono usati indistintamente da cattolici ed ortodossi, e si sono diffusi con il tempo al di fuori dei territori di origine.

 

Tra i riti orientali, il più seguito, attualmente da circa 250 milioni di fedeli, è quello bizantino, sia per il prestigio di cui nell’antichità godeva la capitale dell’impero, sia per l’attività missionaria svolta dai membri della sua Chiesa: si ricordino i SS. Cirillo e Metodio. È usato, oltre che a Costantinopoli, in Grecia e nei paesi balcanici, nel vicino oriente – Siria, Israele, Palestina –, in Russia, Romania, Bulgaria e Finlandia. Comunità bizantine con propri vescovi sono sorte per la diaspora nei paesi dell’Europa occidentale, nelle due Americhe ed in Australia.

 

In Italia il rito Bizantino è seguito dalle comunità cattoliche di origine albanese – giunte in Italia nei sec XIV e XV – che tuttora conservano le antiche usanze e la lingua in Calabria – diocesi di Lungro (CS) – ed in Sicilia – Piana degli Albanesi (Pa) .

Chiese cattoliche delle varie comunità di questo rito esistono in Roma (S. Atanasio dei Greci, S. Maria in Cosmedin, S. Basilio, S. Antonio all’Esquilino, S. Salvatore alle Coppelle, S. Sofia a Boccea, SS. Sergio e Bacco ai Monti), Milano, Torino, Lecce, Bari.

 

Esistono anche alcune chiese greche ortodosse a Roma, Venezia, Trieste, Bari, Milano, Torino, Napoli che dipendono da un vescovo metropolita d’Italia. Inoltre comunità ortodosse rumene sono presenti a Milano, Torino, Firenze, Roma, Bari.

 

 

Chiesa o Chiese bizantine?

 

La Chiesa Ortodossa è distinta in 15 Chiese autocefale ed autonome. Per l’antico legame, che univa nella coscienza comune la comunità religiosa e quella civile, il mondo orientale si è con il tempo distinto in comunità religiose autonome su base in genere nazionale. È così che, nel mondo ortodosso, ai quattro Patriarcati orientali tradizionali (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme) si sono aggiunti con il tempo quelli di Mosca, Romania, Bulgaria, Serbia, ed hanno acquistato l’autonomia le chiese di Grecia, Cipro, Finlandia, Albania ecc.

Nell’ambito della tradizione bizantina esistono anche comunità cattoliche, sorte dall’unione con Roma di parti di Chiese ortodosse (ucraini, romeni, melkiti, ruteni ecc.) 

 

 

Lingue liturgiche

 

Ciascuna di queste comunità celebra le officiature nella propria lingua: i Russi, gli Ucraini e i Bulgari continuano ad utilizzare il paleoslavo, i Greci il greco antico (medioevale).

Altre comunità hanno adottato nel corso dei secoli differenti lingue: l’arabo nei paesi del Vicino Oriente – melkiti –, il rumeno, l’albanese, l’inglese, l’italiano, il giapponese, lo swaili, ecc.

 

 

Cattolici ed Ortodossi

 

Non vi sono sostanziali differenze nelle celebrazioni e nelle usanze tra le comunità cattoliche e quelle ortodosse. Quanto verrà detto nel prosieguo, a meno di specifiche indicazioni, sarà valido per entrambe.

 

 

Anno liturgico

 

L'anno liturgico bizantino è determinato dall’in­ter­secarsi di due diversi cicli, quello delle feste mobili che dipendono dalla data della Pasqua e quello delle feste fisse che ricorrono a date determinate nel corso dell’anno. Entrambi i cicli celebrano durante i 365 giorni dell’anno gli eventi salienti della vita terrena del Redentore e dell’economia della salvezza.

Il ciclo delle feste mobili prende l’avvio dal giorno di Pasqua, data dalla quale prende inizio lo stesso anno liturgico. Da questa data infatti ha inizio il ciclo dell'oktoichos, successione di otto toni o modi musicali su cui cantare l’ufficio divino e la Divina Liturgia.

Le principali ricorrenze mobili sono:

  • l’Ascensione di Nostro Signore,
  • il sabato che precede la domenica di Pentecoste, in cui si commemorano tutti i defunti,
  • la Pentecoste stessa.Nella domenica successiva vengono ricordati tutti i santi.

Nel periodo precedente alla Pasqua abbiamo:

  • la domenica di Carnevale, da cui inizia l’obbligo dell’astinenza dalle carni,
  • la domenica dei latticini da cui l’interdizione si estende a latte e uova;
  • la prima domenica di quaresima, festa dell’Ortodossia, in cui si commemora con una processione il termine dell’iconoclasmo;
  • la terza domenica di quaresima in cui ha luogo l’adorazione della SS.ma Croce.
  • La domenica delle Palme dà inizio alla Settimana Santa che conclude il ciclo.

 

Le principali feste fisse sono:

  • 1° gennaio: festa della circoncisione del Signore ed inizio dell’anno civile.
  • 6 gennaio: Teofania od Epifania di Nostro Signore.
  • 2 febbraio: Presentazione di Gesù al tempio.
  • 25 marzo: Annunciazione.
  • 6 agosto: Trasfigurazione.
  • 15 agosto: Dormizione di Maria.
  • 14 settembre: Esaltazione della SS.ma Croce
  • 9 dicembre: Immacolata Concezione.
  • 25 dicembre: Natale.

Il calendario di ogni Chiesa ricorda, oltre ad un gruppo di santi più antichi, universali, anche santi propri. Il calendario di Costantinopoli ricorda oltre ai primi papi di Roma, tra gli altri anche S. Benedetto da Norcia, ma non include ad es. S. Francesco d’Assisi, vissuto dopo la divisione.

Una caratteristica dell'anno liturgico bizantino è la commemorazione anche di avvenimenti religiosi (trasferimenti di reliquie, concili) come di avvenimenti civili, (terremoti, liberazioni di assedi, ecc.)

 

Le regole per la determinazione della data di Pasqua sono state fissate dal I concilio di Nicea nel 325 in base alla data dell’equinozio di primavera. L’attuale mancata coincidenza della celebrazione tra la Chiesa di Roma e le Chiese ortodosse deriva dal mancato accoglimento della riforma del calendario promulgata da Gregorio XIII nel 1582. La Chiesa russa, ad esempio, non ha mai recepito il nuovo calendario neanche per le feste fisse, per questo celebra il Natale in quello che nel resto del mondo e per lo stesso calendario civile russo è il 7 gennaio, il calendario giuliano è infatti attualmente in ritardo di 13 giorni.

Le Chiese bizantine cattoliche in genere celebrano la Pasqua in ogni nazione assieme ai fedeli che costituiscono la maggioranza della popolazione.

 

 

Divina liturgia

 

La Divina Liturgia – è questo il nome che nella Chiesa Bizantina viene dato alla Santa Messa – viene celebrata abitualmente secondo il formulario detto di S. Giovanni Crisostomo perché a lui attribuito.

Ne esistono altre:

  • la Liturgia di S. Basilio viene usata dieci volte l’anno, tra cui ad es. nelle domeniche di quaresima.
  • La Liturgia di S. Giacomo, antica liturgia della Chiesa di Gerusalemme, è di uso facoltativo in occasione della festa del Santo ad ottobre.
  • La Liturgia dei Presantificati, analoga a quella che prende lo stesso nome nella Chiesa latina, è di uso più ampio di questa essendo celebrata in tutti i mercoledì e venerdì di quaresima.

La struttura della Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo è analoga a quella della Messa latina. Ha inizio con la liturgia della parola in cui, dopo le invocazioni diaconali, vengono letti brani tratti dalle epistole o dagli Atti degli Apostoli e da uno dei Vangeli cui segue l’omelia. Si ha poi l’Anafora – il Canone della Messa latina – con le preghiere della Consacrazione. La Liturgia è conclusa dalla consumazione dell’Eucarestia da parte dei celebranti e del popolo.

 

La Divina Liturgia di S. Basilio si differenzia soltanto per le preghiere dell’Anafora.

La celebrazione liturgica presuppone sempre la presenza di un diacono. Prassi normale è la concelebrazione da parte di più sacerdoti, ciò in particolare in quanto la tradizione bizantina prevede una sola celebrazione giornaliera che raccoglie l’intera comunità attorno all’unico altare che sorge nella chiesa.

 

La Divina Liturgia, come del resto ogni altra officiatura, è sempre solenne, sempre cantata, secondo melodie e modi di tradizione locale. Qualsiasi strumento musicale è bandito, anche l’organo che in occidente è considerato lo strumento liturgico per eccellenza.

 

 

Sacramenti

 

I sacramenti sono i sette riconosciuti dalla Chiesa di Roma e ad essi è attribuito il medesimo significato. Cambiano le modalità di amministrazione.

 

Il Battesimo viene impartito per immersione, è preceduto dall’imposizione del nome effettuata con una cerimonia distinta, ricordo della ebraica presentazione al tempio l’ottavo od il quarantesimo giorno dalla nascita.

 

L’Eucarestia è sempre distribuita sotto le due specie, un piccolo pezzo di pane (lievitato) bagnato nel vino. Assieme alla Cresima o Confermazione, viene secondo l’uso antico data per la prima volta al neobattezzato. Per questo nelle chiese bizantine non è infrequente vedere bambini anche molto piccoli essere accompagnati dai genitori a ricevere l’Eu­carestia durante la Divina Liturgia.

 

La Confermazione viene, come si è detto, di norma conferita nella stessa cerimonia del battesimo. Il sacerdote – ministro della cresima – unge con il Crisma, consacrato dal Vescovo, la fronte, gli occhi, le narici, la bocca, le orecchie, il petto, le mani ed i piedi del cresimando.

 

La Confessione ha luogo dinanzi un’icona; in oriente non esistono i confessionali.

 

Il Matrimonio viene solitamente chiamato Incoronazione degli sposi, in quanto l’atto fondamentale è costituito dall’imposizione sugli sposi di due corone da parte del sacerdote.

Lo scambio degli anelli è invece elemento costitutivo del fidanzamento.

 

L’Ordinazione avviene con cerimonie proprie a seconda del grado, suddiaconato, diaconato, sacerdozio, episcopato. 

 

L’unzione degli infermi può essere impartita secondo due modalità: la più solenne prevede l’unzione del corpo dell’infermo da parte di sette sacerdoti. Più comunemente attualmente è previsto l’intervento di un solo celebrante.

 

 

Akolutìe

 

Oltre alla Celebrazione eucaristica, ed all’officiatura delle Ore, ogni rito prevede funzioni – akolutie è il termine bizantino – proprie.

Devozioni popolarissime in occidente, quali la Via Crucis, o la recita del Rosario sono sconosciute ai fedeli bizantini. La stessa preghiera dell’Ave Maria, che in occidente è la prima preghiera che si insegna ai bambini, non fa parte della devozione popolare ed è ignota alla maggior parte del popolo, anche se inclusa in alcune akolutie.

 

Citiamo a titolo di esempio alcune akolutie più significative.

Il 6 gennaio, festa dell’Epifania, che per i bizantini ricorda non i Re Magi bensì il battesimo di Gesù nel Giordano, ha luogo la Grande Benedizione dell’acqua, che al termine della cerimonia viene utilizzata per la benedizione delle case e distribuita ai fedeli.

La Chiesa bizantina non conosce il concetto di “Messa per i defunti”: in commemorazione di qualcuno, nell’anniversario della morte, per suffragio dei defunti viene celebrato il trisaghio dei defunti, consistente nel canto di tropari e nella recita di preghiere, con la benedizione e distribuzione dei kolivi: grano – simbolo di resurrezione – cotto e condito con aromi, confetti, chicchi di melograno ed altro.

Un fedele che si accinga ad intraprendere un passo importante o pericoloso della propria vita, può chiedere che venga cantata la paraklisis, una supplica alla Madre di Dio, che è oggetto di grande venerazione da parte dei fedeli bizantini.

Sempre alla Vergine è dedicato Acathistos, inno cantato nei venerdì di quaresima.

 

 

Patriarca e Sinodo

 

Nel mondo ortodosso la massima autorità è rappresentata dal Concilio Ecumenico, l’ultimo dei quali è considerato il II di Nicea svoltosi nel 787.

Nella pratica ciascuna Chiesa ortodossa è totalmente autonoma ed è governata dal Patriarca o dall’Arcivescovo assieme al Santo Sinodo, organismo permanente costituito da una rappresentanza dei suoi vescovi.

Nessuna autorità, se non morale e di prestigio, viene riconosciuta ad altri al di fuori della Chiesa stessa, neanche al patriarca di Costantinopoli.

Le Chiese orientali cattoliche riconoscono invece l’autorità del Papa di Roma.

 

 

Sacerdozio

 

Secondo la tradizione antica le Chiese bizantine – anche cattoliche – consentono il conferimento degli ordini sacri: suddiaconato, diaconato e sacerdozio, ad uomini sposati.

Chi invece ha già ricevuto gli ordini non può più sposarsi, neanche se rimasto vedovo con figli piccoli.

Nelle Chiese bizantine si è sempre conservato l’antico concetto del diaconato permanente.

Il Vescovo è sempre celibe o al più vedovo, per questo in genere è scelto tra i sacerdoti celibi e spesso tra i monaci.

 

 

Monachesimo

 

Nell’oriente bizantino non esistono propriamente ordini religiosi. Ciascun monastero maschile o femminile si trova nell’ambito della giurisdizione del vescovo del luogo; è indipendente e segue la “regola” – typikon– dettata dal suo fondatore, ecclesiastico o laico, in genere ricalcando quella di altro monastero di particolare prestigio.

Gli “ordini” – basiliani, antoniani, studiti ecc. – che troviamo in alcune comunità cattoliche sono di origine moderna e ispirazione latina.

In oriente i monaci godono di grande prestigio e si distinguono spesso per pietà e dottrina. È sovente consuetudine per i laici trascorrere alcuni giorni di ritiro in un monastero.

 

 

Icone

 

Nessuna norma giuridica antica vieta l’uso di statue nelle chiese. Tutte le tradizioni sono però contrarie. Le raffigurazioni di Cristo, della Vergine e dei Santi sono lecite, e rappresentate con la pittura ed il mosaico.

Le icone anche moderne possono dare ad un occidentale una impressione di primitività e di monotonia. In realtà ciò è dovuto alla concezione stessa di icona ed ai vincoli che ne derivano all’artista.

 

L’icona è un trattato di teologia a colori, ogni dettaglio della rappresentazioni, i gesti, i colori delle vesti hanno un significato codificato nel corso dei secoli – esistono trattati che li riportano – ed a questi l’artista deve attenersi.

 

L’icona è una finestra aperta sul paradiso, l’oro che ne costituisce abitualmente il fondo è la rappresentazione della luce. I dipinti dell’occidente medioevale si basavano sulle stesse concezioni.

 

Con il tempo l’arte europea, impregnata come tutta la sua cultura del razionalismo aristotelico, si è rivolta al naturalismo, inserendo le raffigurazioni della Madonna e dei santi nella vita di ogni giorno; prendendo a modelli persone reali prese dalla strada, e ricorrendo alla tridimensionalità delle statue. La cultura bizantina è invece fondata sull’idealismo ed il simbolismo platonico, ciò determina non soltanto diverse concezioni artistiche, ma informa ogni aspetto della vita.

 

Un iconografo – il pittore di icone prende questo nome – è innanzitutto un uomo religioso; si prepara alla realizzazione di un’opera con la preghiera ed il digiuno; mai lo sfiorerebbe l’idea di dare ad un santo i tratti di una persona reale.

L’icona riflette l’aldilà.

 

 

Iconostasi

 

La prima cosa che colpisce chi entra in una chiesa bizantina è l’apparente assenza degli altari.

In realtà una chiesa bizantina ha un solo altare: l’altare della comunità.

 

Non esistono altari laterali eretti da famiglie o personaggi e dedicati a santi.

 

Questo altare non è normalmente visibile, essendo “nascosto” da una parete, l’iconostasi in cui si aprono tre porte chiuse abitualmente da bassi battenti e da tende.

L’iconostasi deriva dalla pergula – una bassa balaustra da cui si alzavano delle colonnine unite in alto da un architrave – che nelle primitive basiliche cristiane distingueva la navata, destinata ai fedeli, dal presbiterio riservato al clero.

 

Con il tempo mentre in Occidente questo elemento architettonico si riduceva sino alla bassa balaustra presente nelle chiese sino al Concilio Vaticano II, in Oriente all’architrave ed alle colonne si cominciarono ad attaccare lampade ed icone, sino a creare una parete continua.

 

L’iconostasi è considerata simbolo della distinzione tra Cielo e Terra; le tende che ne chiudono le porte – e che vengono aperte durante la Divina Liturgia – rappresentano l’impenetra­bilità del Mistero divino.

 

Il chiudere le tende durante la Consacrazione e la Comunione dei celebranti non è un escludere il popolo, ma richiama l’attenzione di tutti sul Mistero che si sta compiendo.

 

Il rispetto per l’altare è in oriente grandissimo, l’accesso al Vima – il presbiterio – è riservato al clero o a chi ne abbia motivo per il servizio della chiesa.

 

 

Conclusione

 

La brevità di questa esposizione ci ha condotti in alcuni casi a generalizzare, ed a tacere usanze proprie delle varie Chiese.

 

Ci rendiamo conto inoltre di aver forse enfatizzato le differenze rispetto al rito romano.

 

La Divina Liturgia non è soltanto un modo diverso di “dire la Messa”, l’incoronazione degli sposi non è uno spettacolo folcloristico da offrire a parenti ed amici, fanno entrambi parte di un patrimonio culturale, diverso ma non contrapposto a quello latino.

 

La ricchezza dei modi di espressione della fede è la ricchezza della Chiesa.

Il fatto che il medesimo rito, il medesimo patrimonio culturale siano propri tanto delle comunità bizantine cattoliche che di quelle ortodosse significa che la diversità di rito non significa di per sé divisione.

 

Cattolici ed ortodossi hanno gli stessi dogmi fondamentali, celebrano lo stesso sacrificio eucaristico, hanno i medesimi sacramenti, un sacerdozio comune, la successione apostolica. Purtroppo le differenze che sussistono ancora non consentono loro di celebrare assieme l’Eucarestia.

«Affinché siano una cosa sola» Gv. 17, 21

 

di Giovanni Fabriani.

 

 

 

Bibliografia

Chi desiderasse approfondire la conoscenza del mondo bizantino, oltre a testi specialistici, talvolta di non facile reperimento, può utilizzare:

  • Nicholas Zernov, Il cristianesimo orientale Il Saggiatore 1962 ma ristampato recentemente da mondadori.
  • Filippo Carcione, Le Chiese d’Oriente. Identità, patrimonio e quadro storico generale. San Paolo, Cinisello Balsamo. 1998